Lavoro Bene Comune

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Balzi 6/14: dalla Rete sul Lavoro Bene Comune

Sesto appuntamento con Balzi in Rete; in questo post: l’impatto dei migranti sulla nostra economia, il mondo del lavoro nel 2030 e l’importanza del sorriso…

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Ma tu guarda i migranti…

Le imprese create da immigrati sono 497 mila (l’8,2% del totale) per un valore aggiunto di 85 miliardi di euro e, nel calcolo tra il dare e l’avere, a guadagnarci siamo noi italiani.

Lo spiega un rapporto della Fondazione Leone Moressa, ripreso e commentato qui in un articolo del Corriere della Sera.

Gli immigrati garantiscono un gettito fiscale e contributivo pari a 16,6 miliardi di euro mentre ne “costano” 12,6 (tra sanità, scuola, pensioni, giustizia e, naturalmente, Centri di Identificazione ed Espulsione): il saldo positivo, per noi italiani, è di circa quattro miliardi.

Pensa, a volte, saper fare i conti…

Quell’incerta strada verso il lavoro del futuro

Segnaliamo l’interessante esperimento di ADAPT: immaginare, nelle pagine di un blog, il Lavoro per come lo vivremo nel 2030.

ADAPT è un’associazione senza fini di lucro fondata da Marco Biagi nel 2000 per promuovere, in un’ottica internazionale e comparata, studi e ricerche di lavoro; nella presentazione del Blog gli autori dichiarano le proprie intenzioni: “raccontiamo la Grande trasformazione del lavoro contemporaneo su scala globale: il declino della fabbrica fordista e degli schemi del lavoro dipendente, i nuovi di fare impresa e organizzare i processi produttivi, l’esplosione di forme atipiche e autonome di lavoro, l’evoluzione dei mestieri, delle competenze e delle professioni, la sfida della modernizzazione del mercato del lavoro cui ancora il Legislatore e il sindacato non riescono a dare adeguata risposta.”

Il modo in cui pensiamo al domani influenza ciò che facciamo oggi.

Grande protagonista di questa esercitazione di FantaLavoro è, ovviamente, la Tecnologia:

La competizione internazionale e lo sviluppo tecnologico renderanno necessaria non soltanto una crescente flessibilità dei lavoratori, ma anche una loro maggiore resilienza e adattabilità ai cambiamenti.

Il lavoro sarà interconnesso, mobile, non più localizzato nello spazio (ufficio) e nel tempo (orario di lavoro fisso); la collaborazione tra colleghi di lavoro avverrà attraverso la rete.

Nei luoghi di lavoro convivranno quattro generazioni di lavoratori, saranno pertanto necessarie specifiche competenze per gestire tale convivenza.

Le nozioni tradizionali di gerarchia e di anzianità diventeranno meno importanti. L’organizzazione delle imprese sarà sempre meno gerarchica e sempre più snella, con maggiore responsabilità dei lavoratori con riferimento ad attività e processi.

Tutto questo comporterà per le aziende la necessità di sviluppare nuove modalità di gestione delle risorse umane e nuove forme contrattuali che tengano conto delle modificate modalità e condizioni di lavoro, affrontando questioni come la fiducia e la trasparenza.

Lo sviluppo tecnologico e la globalizzazione determineranno inoltre una polarizzazione del mercato del lavoro, causando una crescente disuguaglianza. Tenderanno a scomparire le qualifiche intermedie, i lavoratori scarsamente qualificati porteranno il peso della ricerca delle flessibilità e riduzione dei costi da parte delle imprese, mentre i lavoratori maggiormente qualificati avranno un forte potere contrattuale nel mercato del lavoro.

In questa prospettiva, per un verso è necessario che i decisori politici regolino il mercato del lavoro per prevenire la “corsa al ribasso” delle condizioni di lavoro, per l’altro verso i lavoratori dovranno cambiare mentalità per quanto riguarda la natura del lavoro, in quanto sarà un lavoro a cicli e a progetto, diventerà meno localizzato e ad alta intensità tecnologica, maggiormente basato sulla rete e l’interconnettività, modificando pertanto i modelli di business. Per questo sarà necessaria una grande adattabilità da parte dei lavoratori, possibile soltanto attraverso la capacità di acquisire nuove abilità e competenze e un’effettiva formazione continua.

E il settore dei servizi alle persone?

I servizi formativi, sanitari e di cura dovranno essere ripensati per far fronte a nuovi bisogni sociali e così le professioni al loro interno: sebbene meno esposti a fenomeni di automazione, anche in questi settori le tecnologie porteranno sfide e nuovi strumenti, ma soprattutto dovranno cambiare i modelli di organizzazione del lavoro e produzione e trasmissione delle competenze, rimettendo la persona e la competenza (in tutte le sue declinazioni) al centro dei percorsi formativi.

Come ci prepariamo, in Italia, alla rivoluzione del 2030 e alle sue parole d’ordine (tecnologia, flessibilità, competenza)?

  1. Facendo stage. Jobtalk, riprendendo dati ISTAT, conta in 310.540 gli stage attivati nel 2013,  71mila dei quali attivati in Lombardia . In media, ogni impresa in Italia ha ospitato uno stagista e mezzo: 1,4 per l’esattezza. Curiosamente 1,4 é anche il numero medio di figli per donna, nel nostro paese. Così come il nostro tasso di natalità non cresce, allo stesso modo lo Stage, è ormai chiaro, non diventa mai adulto: poche le trasformazioni in contratti “veri”.
  2. Cercando di affrontare le richieste di flessibilità lavorativa con lo strumento delle Agenzie per il Lavoro. Della crescita delle Agenzie parla questo post de La Nuvola del Lavoro. Emblematico il caso di Randstad. Rispetto al 2011, i candidati che si rivolgono a Randstad sono cresciuti del 20 per cento, candidati in media più anziani e più specializzati rispetto al recente passato. I clienti, soprattutto PMI, crescono al ritmo di sei-sette l’anno per ogni agenzia. La novità, in chiaroscuro, è rappresentata dallo Staff Leasing, ossia dalla somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (re-introdotta in Italia dalla Riforma Fornero): negli ultimi diciotto mesi Adecco ha assunto con questa formula 3 mila persone a tempo indeterminato.

E i Centri per l’Impiego, intanto? Sono in grande difficoltà…la cartina tornasole, in questi mesi, è rappresentata da Garanzia Giovani (noi ne parliamo qui): sempre più numerosi i segnali di malfunzionamento e deriva burocratica.

E per finire…un sorriso

Terminiamo con un sorriso augurale: riprendiamo la recensione del libro “Il Lato Bimbo Come ritrovare l’entusiasmo nella vita e nel lavoro” (qui una video presentazione).

L’autore è Roberto d’Incau, Head Hunter e Coach, spesso presente nei canali on-line de Il Sole 24 Ore.

Che la seriosità paghi nella vita lavorativa è un pregiudizio molto comune ma infondato: non sempre contribuisce a creare un ambiente sereno e produttivo.

Tornare a divertirsi nel lavoro si può, anzi…si deve!

 

 

 

Un commento su “Balzi 6/14: dalla Rete sul Lavoro Bene Comune

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